Mi piacciono quelle foto. Datate anni ‘40 o poco su. Gruppi con sorelle, fratelli, cugine, amici e fidanzati. Tutti, ovviamente, molto giovani. Tutti in bicicletta e con la sigaretta in bocca! Lei (la mia pro cugina) davanti a tutti: gonna ampia e corta per l’epoca (1940-45), camicetta con bottoni, sorridente (a dire il vero l’intero gruppo lo era), seduta sul sellino della sua bicicletta e con la sigaretta in bocca.
Era giovane, desiderosa di futuro. I suoi occhi pieni di curiosità, di speranze, di libertà. Grande interesse per le novità. Qualche anno fa, quasi novantenne, mi confidò che avrebbe imparato volentieri ad usare il computer! Mi ha sempre parlato della tecnologia con tanto entusiasmo. E come una "Alice" mi guardava attentamente quando io le raccontavo di Skype e della possibilità di parlarsi come al telefono e di vedere l’interlocutore. Era affascinata. E’ stata compagna di scuola di mia mamma. Nata V. come lei e dello stesso ramo del casato. Come la Nata V. più importante della mia vita, lei è umile, propensa all’ascolto, riservata nelle confidenze, intelligente nel capire. Per il resto profondamente diversa. Aperta alle novità, senza remore e più ottimista (ma mai superficiale). Pronta a lasciare il paese in momenti di necessità per trasferirsi in città, dove da giovane mamma ha vissuto per anni per permettere ai figli di studiare. E non stava chiusa in casa! Usciva, passeggiava, guardava i negozi, fumava… Ricorda con grande nostalgia quegli anni fuori dal paese del profondo sud. Le è sempre piaciuto sentire la sua mente libera. La ritualità della sua famiglia le stava stretta allora come ora. Grandi letture di autori contemporanei. Scorci dell’Italia del dopoguerra . Una società (molto lontana da quella paesana) che emancipava soprattutto le donne. Questa generazione che visse la guerra ed il post-bellico è sorprendente. La guerra spazza via tutto, per dirla con Bacone fa "tabula rasa". Dobbiamo molto a queste donne e uomini che – dopo fame, miseria e lutti – ricominciarono la loro "marcia" verso il futuro.
Da un anno è allettata. Ha passato momenti che pensavo non avrebbe superato. Per tenerla su le ho cantato anche il suo cantante preferito, Lucio Dalla. Quando la vita sta per lasciarti si rompono certi schemi, si ha bisogno di dire, di narrare, di trasmettere. Io ascolto. Sono diventata la sua biografa! E si ritorna alla famiglia di origine. Lei parla – con la sua solita libertà – dei suoi fratelli e sorelle. Una, la più carina delle quattro e con un viso da bambolina antica, visse un amore impossibile, senza chance per l’epoca. Ma anche se vecchia, non temette di partire per incontrarlo – dopo anni – per l’ultima volta. Si videro in città dove presero un caffè insieme, conversarono per una mezz’ora e poi lei ritornò al paese. Era quasi in stato confusionale. Nel parentado mai nessuno aveva saputo una cosa del genere. La più grande si sposò. Dopo nove mesi il marito, un bellissimo ufficiale di marina, morì in guerra. Aiuterà molto la sorella nei momenti di disagio economico. L’altra, nubile e forse la più schiva, era molto buona.
I fratelli. Uno di loro si oppose alla volontà del padre, che avrebbe voluto che si occupasse dell’azienda agricola. Andò via. Trovò un lavoro, si sposò ed ebbe figli. Lei ne è ancora compiaciuta. Perché non visse "a ritroso" ma volle fare le sue scelte, volle decidere della sua vita. Con orgoglio evidenzia la validità dell’agire del fratello. Due, invece, rimasero all’ombra del blasone. Uno andò a donnacce (sono le sue parole), l’altro si impelagò in amicizie che lo indebitarono. Debiti che alla sua morte l’intera famiglia pagò dignitosamente. Non si sposarono. Due vite inutili. Questo è il suo giudizio. Pesante si, ma vero. Li ho conosciuti anch’io, soprattutto il primo (quello dei tanti amori). Aveva una grande passione per le rose. Ogni anno a maggio mia mamma – anche se molto malata – mi chiedeva di accompagnarla al roseto del cugino. E lui, dandole il braccio, le mostrava le sue rose e con molta delicatezza. L’ultimo fratello morì in guerra ed è sepolto in un cimitero militare in Puglia tra i tanti giovani che perdettero la vita in quella “follia” che è sempre la guerra.
Ora è sempre allettata, ma nel pomeriggio viene seduta in poltrona. E non appena il figlio va via, subito dice alla badante: "prendi le sigarette che io e mia cugina fumiamo!".
Era giovane, desiderosa di futuro. I suoi occhi pieni di curiosità, di speranze, di libertà. Grande interesse per le novità. Qualche anno fa, quasi novantenne, mi confidò che avrebbe imparato volentieri ad usare il computer! Mi ha sempre parlato della tecnologia con tanto entusiasmo. E come una "Alice" mi guardava attentamente quando io le raccontavo di Skype e della possibilità di parlarsi come al telefono e di vedere l’interlocutore. Era affascinata. E’ stata compagna di scuola di mia mamma. Nata V. come lei e dello stesso ramo del casato. Come la Nata V. più importante della mia vita, lei è umile, propensa all’ascolto, riservata nelle confidenze, intelligente nel capire. Per il resto profondamente diversa. Aperta alle novità, senza remore e più ottimista (ma mai superficiale). Pronta a lasciare il paese in momenti di necessità per trasferirsi in città, dove da giovane mamma ha vissuto per anni per permettere ai figli di studiare. E non stava chiusa in casa! Usciva, passeggiava, guardava i negozi, fumava… Ricorda con grande nostalgia quegli anni fuori dal paese del profondo sud. Le è sempre piaciuto sentire la sua mente libera. La ritualità della sua famiglia le stava stretta allora come ora. Grandi letture di autori contemporanei. Scorci dell’Italia del dopoguerra . Una società (molto lontana da quella paesana) che emancipava soprattutto le donne. Questa generazione che visse la guerra ed il post-bellico è sorprendente. La guerra spazza via tutto, per dirla con Bacone fa "tabula rasa". Dobbiamo molto a queste donne e uomini che – dopo fame, miseria e lutti – ricominciarono la loro "marcia" verso il futuro.
Da un anno è allettata. Ha passato momenti che pensavo non avrebbe superato. Per tenerla su le ho cantato anche il suo cantante preferito, Lucio Dalla. Quando la vita sta per lasciarti si rompono certi schemi, si ha bisogno di dire, di narrare, di trasmettere. Io ascolto. Sono diventata la sua biografa! E si ritorna alla famiglia di origine. Lei parla – con la sua solita libertà – dei suoi fratelli e sorelle. Una, la più carina delle quattro e con un viso da bambolina antica, visse un amore impossibile, senza chance per l’epoca. Ma anche se vecchia, non temette di partire per incontrarlo – dopo anni – per l’ultima volta. Si videro in città dove presero un caffè insieme, conversarono per una mezz’ora e poi lei ritornò al paese. Era quasi in stato confusionale. Nel parentado mai nessuno aveva saputo una cosa del genere. La più grande si sposò. Dopo nove mesi il marito, un bellissimo ufficiale di marina, morì in guerra. Aiuterà molto la sorella nei momenti di disagio economico. L’altra, nubile e forse la più schiva, era molto buona.
I fratelli. Uno di loro si oppose alla volontà del padre, che avrebbe voluto che si occupasse dell’azienda agricola. Andò via. Trovò un lavoro, si sposò ed ebbe figli. Lei ne è ancora compiaciuta. Perché non visse "a ritroso" ma volle fare le sue scelte, volle decidere della sua vita. Con orgoglio evidenzia la validità dell’agire del fratello. Due, invece, rimasero all’ombra del blasone. Uno andò a donnacce (sono le sue parole), l’altro si impelagò in amicizie che lo indebitarono. Debiti che alla sua morte l’intera famiglia pagò dignitosamente. Non si sposarono. Due vite inutili. Questo è il suo giudizio. Pesante si, ma vero. Li ho conosciuti anch’io, soprattutto il primo (quello dei tanti amori). Aveva una grande passione per le rose. Ogni anno a maggio mia mamma – anche se molto malata – mi chiedeva di accompagnarla al roseto del cugino. E lui, dandole il braccio, le mostrava le sue rose e con molta delicatezza. L’ultimo fratello morì in guerra ed è sepolto in un cimitero militare in Puglia tra i tanti giovani che perdettero la vita in quella “follia” che è sempre la guerra.
Ora è sempre allettata, ma nel pomeriggio viene seduta in poltrona. E non appena il figlio va via, subito dice alla badante: "prendi le sigarette che io e mia cugina fumiamo!".
Fonte immagine: www.stylosophy.it
Tra i post più belli.
RispondiEliminaAttendo con ansia un libro!
Grazie mio caro Anonimo,
Eliminapenso che continuerò a parlare del "cumulo" dei miei ricordi più in là.
Auguro ogni bene a Lei e alla Sua Famiglia,
Matilde nata V.