Lo percorremmo. C'era molto vento e Victor, come sempre, cominciò a parlare. I suoi discorsi erano un inno alla libertà. Avrebbe voluto un mondo senza confini e senza stati (il Paradiso?). Era un aspirante apolide anche lui come me, ma per disperazione. Tutto quello che lui diceva era autentica utopia, ciò lo rendeva in quei momenti felice! Passammo davanti all'ambasciata sovietica e Victor ironizzò "ecco la nostra mamma...". Mi parlò della sua vita a Bucarest dove viveva con una zia e passava le serate cercando di captare la radio libera di Vienna. Il suo grande desiderio: visitare la Francia. E già, la Francia... c'è sempre un quattordici luglio che vorremmo vivere, c'è sempre un quattordici luglio in ognuno di noi... Arrivammo al muro. Dall'altra parte si vedeva l'ovest di Berlino. Io mi sentii rabbrividire davanti ai soldati che, con il mitra spianato, presidiavano quel monumento.
(continua)
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