Tutti abbiamo letto o ci hanno raccontato favole. Io sono cresciuta con mio nonno che mi recitava una poesia che per me era una favola.
Eccola:Viveva con sua madre in Cornovaglia e un dì trasecolò nella boscaglia, nella boscaglia un dì tra cerro e cerro vide spuntare un uomo tutto ferro. Morvàn pensò che fosse San Michele. S'inginocchiò: "Signore, San Michele non mi far male per l'amor di Dio.".
"Né mal fo io, né San Michele son io. No San Michele non possìo chiamarmi, Cavaliere sì, son cavaliere d'armi.".
"Un cavaliere? Ma che cosa è mai?".
" Guardami, o figlio, e che cos'è saprai.".
"Che è codesto lungo legno greve?".
"La lancia ha sete e dove giunge beve.".
"Che è codesto di cui tu sei cinto?".
"Spada sei hai vinto, croce se sei vinto.".
"Di che vesti?".
"La veste pesa e dura: è ferro, figlio, questa è l'armatura.".
"E tu nascesti già così coperto?".
Rise e rispose il cavalier "No certo.".
"E chi la pose, dunque, indosso a te?".
"Chi può chi può... ma caro figlio, il Re!".
Il fanciullo tornò dalla sua mamma e le saltò sulle ginocchia "Mamma mammina - cinguettò - tu non lo sai: ho visto quello che non vidi mai. Un uomo bello più del San Michele che è in Chiesa tra il chiaror delle candele.".
"Non c'è uomo più bello figlio mio, più bello - no - di un angelo di Dio.".
"Ma si ce n'è mammina - se permetti - ce n'è mammina e cavalier son detti. Ed io mammina voglio andar con loro ed aver vesti di ferro e sproni d'oro.".
La madre a terra cadde come morta e già Morvàn usciva dalla porta. Morvàn usciva e le volgea le spalle ed andava difilato nelle stalle. Nelle stalle trovò solo un ronzino, lo prese, vi montò sopra in cammino. Egli partì né salutò persona. Eccolo fuori che batte e sperona. Eccolo già lontano dal castello dietro quell'uomo ch'era così bello.
"Né mal fo io, né San Michele son io. No San Michele non possìo chiamarmi, Cavaliere sì, son cavaliere d'armi.".
"Un cavaliere? Ma che cosa è mai?".
" Guardami, o figlio, e che cos'è saprai.".
"Che è codesto lungo legno greve?".
"La lancia ha sete e dove giunge beve.".
"Che è codesto di cui tu sei cinto?".
"Spada sei hai vinto, croce se sei vinto.".
"Di che vesti?".
"La veste pesa e dura: è ferro, figlio, questa è l'armatura.".
"E tu nascesti già così coperto?".
Rise e rispose il cavalier "No certo.".
"E chi la pose, dunque, indosso a te?".
"Chi può chi può... ma caro figlio, il Re!".
Il fanciullo tornò dalla sua mamma e le saltò sulle ginocchia "Mamma mammina - cinguettò - tu non lo sai: ho visto quello che non vidi mai. Un uomo bello più del San Michele che è in Chiesa tra il chiaror delle candele.".
"Non c'è uomo più bello figlio mio, più bello - no - di un angelo di Dio.".
"Ma si ce n'è mammina - se permetti - ce n'è mammina e cavalier son detti. Ed io mammina voglio andar con loro ed aver vesti di ferro e sproni d'oro.".
La madre a terra cadde come morta e già Morvàn usciva dalla porta. Morvàn usciva e le volgea le spalle ed andava difilato nelle stalle. Nelle stalle trovò solo un ronzino, lo prese, vi montò sopra in cammino. Egli partì né salutò persona. Eccolo fuori che batte e sperona. Eccolo già lontano dal castello dietro quell'uomo ch'era così bello.
(continua)
Fonte immagine: http://www.scuolegrosio.it/
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