Questo spazio, oltre ad essere un mio momento di libertà, fa riferimento alla mia infanzia e giovinezza e ai personaggi, luoghi e storie che hanno fatto parte della mia vita di allora. Tutto ciò ha profondamente toccato il mio cuore, perché i nati V. di allora mi hanno molto amata e capita e a tutti loro dedico i miei ricordi. Grazie!

giovedì 23 settembre 2010

39 - La bellezza che uccide

Tremavano le sue mani versando il tè freddo dalla brocca. Erano passati cinquant'anni. Erano state compagne di scuola, ed ora si trovavano l'una di fronte all'altra.
Ancora bella e fine, ma piena di rughe l'una. I segni del tempo e delle vicende familiari. Figli, nipoti, lavoro. Ma anche amore per il marito, per i figli e per i nipoti.
L'altra. Doveva essere stata molto bella, ancora levigata nel volto, pieno di fondotinta per nascondere il tempo che passa. Elegante la maglietta un po' rétro, ma che sapientemente nascondeva il collo. Aveva amato molto la sua bellezza. Aveva investito l'intera sua vita sulla bellezza. Si era seduta sul trono di Venere, convinta che da lì il mondo sarebbe stato ai suoi piedi. Errore. Descrisse all'antica compagna la sua disperata solitudine. Avrebbe voluto sposarsi ed avere "una bambina". Ammise il fallimento della sua vita ma non ne comprendeva la ragione. Il trono di Venere le impediva di cogliere con oggettività la realtà... Parlò subito all'amica del suo unico amore (ma amò veramente e fu l'unico?). Il suo professore: un classico oggi come allora. Era pronta ad andare via con lui. Appuntamento già preso in un luogo stabilito. Cinquant'anni fa... Il padre, uomo tutto d'un pezzo, sventò il progetto. Lei restò a casa e rinunciò a quest'uomo. E che fece? Si rimise sul trono e completò l'operazione "inaridimento" della sua anima. Bisogna però ammettere che il gesto del padre l'aveva "marchiata", a quell'epoca era così. Qualcuno si avvicinava, ma poi scappava e svaniva. Lei continuava a curare la sua bellezza. Covava odio per i suoi familiari. Disprezzava un giovane nipote perché "diverso" dagli altri bambini. Si vergognava di lui. Si compiaceva di se stessa, della sua eleganza, della sua vita sociale. Piangeva quando qualcuno ometteva un complimento o uno sguardo compiaciuto. L'ego si dilatava sempre di più.
L'incontro tra le due compagne durò poche ore. Lei si alzava spesso. Forse andava a guardarsi allo specchio per controllare se tutto - trucco compreso - fosse in ordine. Le mani continuavano a tremare. Chiese di poter avere gli appunti del professore per custodirli. Nel salutarmi (io feci da tramite tra le due donne) il suo sguardo s'incrociò con il mio. Provai pietà. I suoi occhi parlavano solo di solitudine.
Ma può la bellezza distruggere una vita?

Fonte immagine: http://www.cristinatorella.com/

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