Tanto esplosiva era la primavera quanto dolce l'autunno. Eravamo sempre in campagna e, a volte, già si accendeva il caminetto. Si preparavano le marmellate per l'inverno, i primi golfini di lana e un po' di malinconia, perché la calda estate ci lasciava più soli. L'autunno era anche il tempo del raccolto. Essendo un paese di montagna, la vendemmia si svolgeva entro i primi venti giorni di ottobre. Si aprivano i palmenti e l'odore del mosto, in certe zone, si sentiva nell'aria. La vendemmia rappresentava anche un evento molto scenografico. Le ceste piene di uva portate dalle donne sulla testa. Incedevano con grande equilibrismo: il capo diritto e mani ai fianchi. Gli uomini, invece, portavano il loro carico su una spalla. Anche la sosta per il pranzo aveva una sua ritualità: pani enormi fatti in casa (che meraviglia!) e tagliati da coltellini affilati. Io pronta ad accettare tutto quello che mi si offriva: tutto aveva un sapore speciale. La fine della raccolta dell'uva chiudeva questo lungo ciclo vacanziero. Con la chiusura dei palmenti, la vite si sarebbe sottomessa ai rigori invernali. Ed anche noi.
Fonte immagine: http://www.scagliolagiacomo.it/
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