Era una famiglia poverissima. Una piccola casetta in un vicolo del paese del profondo sud, mancante di tutto. Il vano terra, non pavimentato, con un angolo cottura a legna che aveva annerito l'intera parete. Al centro una scala di legno immetteva in un vano soppalcato diviso in due da una tenda. In una parte dormivano i genitori, nell'altra tutti i figli. Cinque figli. La madre morì abbastanza giovane, non l'ho conosciuta se non attraverso poche foto con la mia mamma, avendo ella lavorato presso di noi. Il padre, invece, fu longevo. Stava sempre a casa nostra, soprattutto all'ora dei pasti. Mia madre non gli fece mancare mai un piatto caldo... Conosceva tante nenie antiche, era forse un cantastorie. Un solo figlio maschio. Da ragazzino fu mandato al nord (allora si diceva "Settentrione") dove visse, lavorò e migliorò la sua posizione socio-economica. Per svariati decenni non venne: ogni tanto una telefonata a casa nostra. Chiedeva del papà e di tutti. Tornò ormai parecchio adulto, quando il vecchio padre morì. Parlava in italiano, non nel nostro dialetto. Si capiva che si sentiva fuori posto, estraneo a quell'ambiente che aveva lasciato quasi bambino. Nei suoi occhi grandi e neri si leggeva tutta la sua vita. La sua lotta per sfuggire alla disperazione di una realtà senza speranza... e poi il raggiunto benessere, il matrimonio con una ragazza lombarda ed il figlio. I nostri giovani allora lottavano, non si arrendevano, partivano ovunque ci fosse una opportunità di lavoro. C'era tanta povertà... ma tanta voglia di lavorare e di riscatto.
(continua)
Fonte immagine: http://www.voyagesphotosmanu.com/
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