"Vuoi che ti prepari una cioccolata calda?". I miei occhi di bambina golosa brillavano, perché nessuno la preparava così bene come lei. La vedevo allontanarsi verso la cucina. Il suo corpo era un po' appesantito. C'era qualcosa di "trascurato" in lei, nonostante fosse pulita ed ordinata. La sua sciatteria veniva dal profondo del suo animo. Dentro di lei qualcosa la rodeva, le aveva tolto la voglia di sorridere. Era come se non avesse più orizzonti! I suoi occhi (enormi e nerissimi) non guardavano più in alto o avanti, perché il suo cuore era stato talmente mortificato da non ricordare più cosa fosse la gioia.
Matilde nata V. era in assoluto la più piccola nella famiglia di mio nonno. Sette figli: tre maschi e quattro femmine. Il padre aveva sposato una donna del continente. Quando la portò qui, nel paese del profondo sud, calò il gelo. Lei era bellissima. La nata V. più importante della mia vita, mia madre, le assomigliava molto. Ma il gelo si cambiò in euforia perché il nonno materno del mio bisnonno, vedendola così bella, si fece carico di tutto: matrimonio e relativa festa. Da quel momento fu accolta a pieno titolo e tutto il parentado in seguito la stimò molto. Matilde nata V. crebbe con questa mamma e con tanti problemi. Il padre, incontinente libertino, tradiva la moglie disseminando figli per tutto il paese. La madre, pur essendo molto apprezzata dalle cognate, era sempre triste. Conosceva i tradimenti del marito... ma forse non si adattò mai al cambiamento ambientale. Guardava sempre attraverso i vetri lontano e in qualche suo scritto si avverte tutta la nostalgia della sua terra.
(continua)
Fonte immagine: http://www.annavigo.it/
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